Qual č il costo nascosto della digital trasformation per il cliente?

 

L’evoluzione tecnologica sta cambiando rapidamente come non mai il mondo in cui viviamo: uno degli ambiti dove si stanno sperimentando i mutamenti più importanti è quello dei consumi con la repentina disruption delle filiere e dei rapporti tradizionali.

Le casse automatiche ai supermercati, gli ordini di oggetti e cibi attraverso il web, i contenuti audiovisivi sulle piattaforme di streaming sono modalità di consumo ormai accettate e diffuse che tuttavia, in molti casi, presentano dei costi nascosti: ad esempio le casse automatiche dei supermercati ti obbligano a svolgere (autonomamente) un piccolo lavoro che precedentemente era a carico di un dipendente aziendale, le piattaforme in streaming ti forzano a sostenere costi per avere una connessione veloce e un pc performante e le rapide consegne a domicilio scaricano un importante costo sul fattorino o sul corriere.
Questi costi fantasma sono difficilmente percepiti dal consumatore poiché non facilmente visibili o non prettamente economici ma sono un importante, troppo spesso sottovalutato, effetto collaterale dell’attuale modello di sviluppo economico.

Questo ragionamento è facilmente applicabile anche al mondo assicurativo.

La disintermediazione e l’ingaggio del cliente, leitmotiv portati avanti dalle grandi compagnie assicurative, riproducono proprio questo schema: un ripensamento della catena del valore dell’insurance per poter aprire nuove forme di mercato e, soprattutto, abbattere i costi.

Partendo dall’argomento dei costi si può dire che tuttavia i costi non vengono semplicemente abbattuti ma, almeno in parte, vengono appunto mutati nella forma: a fronte di un abbattimento del costo monetario si ha l’insorgenza di almeno tre importanti categorie di costi per il cliente:

Costo per la minor qualità del servizio: il cliente non si interfaccia con un agente o un broker di fiducia ma con un sito internet, scambi tramite e-mail e, nel migliore dei casi, con un call center dove si è gestiti come un numero a cui dare risposta nel minor tempo possibile. Inoltre, in molti casi, il consumatore deve svolgere molte pratiche che nel modello tradizionale sono gestite dall’agenzia e che, di fatto, richiedono un piccolo lavoro autonomo che difficilmente viene avvertito e percepito come tale.

Costo da asimmetria informativa: il mondo assicurativo è molto complicato e, come noto, basta una virgola a cambiare il significato di una clausola. Senza un professionista di fiducia il cliente si trova a dover interpretare e decidere autonomamente sulle garanzie, sui massimali e su altri aspetti prettamente tecnici. È tuttavia fondamentale ricordare come la conoscenza della materia da parte del consumatore, salvo rari casi, sia piuttosto debole. Va da sé che sia molto più difficile per il cliente raggiungere in autonomia la protezione più adeguata e più coerente al suo profilo di rischio.

Costi dormienti in caso di sinistro: in caso di sinistro l’assicurato si trova a dover gestire in quasi totale autonomia la pratica d’indennizzo. Questo, soprattutto in presenza di contenzioso, lo mette in una posizione di inevitabile svantaggio rispetto alla compagnia assicurativa, sia per quanto riguarda le tematiche da affrontare, sia per quanto concerne il monitoraggio delle tempistiche. In sostanza la conflittualità e il suo costo vengono posticipati e celati diventando tuttavia manifesti nel momento del bisogno (ovvero esattamente quando risultano più gravosi).

Si pensa tuttavia che non sia più possibile riavvolgere le lancette dell’orologio in una nostalgia anacronistica e che, in un certo senso, la spinta all’innovazione a cui siamo giornalmente sottoposti sia una sorta di tensione darwiniana alla sopravvivenza: non adattarsi vuol dire soccombere al mercato.
Ma, per non subire la legge darwiniana, serve governare ed indirizzare questo cambiamento per trasformarlo in evoluzione.

Si intravedono per i canali distributivi, e per gli agenti in particolare, tre importanti temi da presidiare nei prossimi anni e sui quali focalizzare l’attenzione: la concentrazione del mercato; il passaggio dal concetto di prodotto assicurativo a quello di servizio assicurativo; la digitalizzazione dei processi interni.

In primo luogo va fatto notare che nei paesi sviluppati il mercato gestito da intermediari professionisti sta perdendo terreno, almeno in termini di clienti gestiti. Infatti si sta creando come una sorta di naturale segmentazione tra due gruppi separati di clienti assicurativi: abbiamo da un lato i clienti che sono disposti a pagare premi solamente per pochi rischi molto specifici, come ad esempio brevi soggiorni all’estero, o che addirittura ritengono opportuno dotarsi solamente di quelle coperture obbligatorie per legge come l’Rc auto. Questi clienti, che vedono l’assicurazione come un “obbligo” e non come un valore aggiunto, concentreranno i propri acquisti prevalentemente sulle piattaforme digital che hanno come primo (se non unico) discrimine tra le polizze il differenziale di premio. Dall’altra parte abbiamo invece coloro che sono disposti a pagare per coprire un’ampia gamma di rischi, poiché riconoscono nell’assicurazione un importante valore aggiunto: polizze vita, coperture sanitarie e previdenza integrativa saranno sempre più richieste da questa tipologia di clienti e saranno richieste tutte insieme ad un unico intermediario. L’aumento di queste richieste andrà in parte a sopperire alla diminuzione di volume derivante dal comportamento del primo segmento. In sostanza diminuirà il numero di clienti, ma aumenterà il premio medio.

Questa considerazione ci porta al secondo focus individuato e, in sostanza, a ripensare appieno la concezione di offerta assicurativa. La prospettiva non sarà più quella di un singolo prodotto ma, piuttosto, quella di un ampio portafoglio di servizi capaci di soddisfare il bisogno di “sicurezza” del cliente: l’agente diventerà un vero e proprio consulente per la gestione del benessere del cliente. Infatti il fattore critico di successo per gli agenti starà nel riuscire a generare valore aggiunto dal proprio lavoro (facendolo percepire al proprio assicurato), offrendo la propria professionalità e una solida rete di collaboratori in caso di sinistro. Il supporto di avvocati, medici, periti di fiducia che aiuteranno il cliente nella gestione delle pratiche saranno parte integrante dell’offerta degli agenti, i quali si porranno non più come intermediari del mercato assicurativo, ma come il centro di una piattaforma professionale allargata per il governo delle casualità della vita. Con questo salto concettuale si possono ridurre (o addirittura annullare) i costi nascosti generati dalla digitalizzazione del mondo assicurativo, portata avanti con logiche industriali distanti dal cliente finale. Ma è possibile rimanere sul mercato in questo modo? Quanto è effettivamente disposto a pagare l’assicurato per i servizi dell’agente?

Come detto il cliente predisposto all’acquisto di coperture assicurative sarà anche mediamente disposto a remunerare l’attività dell’agente.  Questa disponibilità non sarà illimitata e questo introduce l’ultimo tema: le persone sono inserite in un contesto digitale e di automazione diffusa e, di conseguenza, non sono disposte a pagare per inefficienze burocratiche. Per questo sarà sempre più importante ridurre i costi di gestione a basso valore aggiunto portando la rivoluzione digitale all’interno della propria impresa agenzia: si implementeranno soluzioni per la contrattualizzazione in digitale, la trasmissione automatica delle nuove stipule alle società di assicurazione,  si offriranno nuove opportunità come applicazioni per controllare le proprie pratiche in tempo reale e per rapportarsi con la rete di professionisti che faranno parte della piattaforma professionale, andando a velocizzare le comunicazioni e a ridurre i costi di gestione.

In definitiva la rivoluzione digitale è un enorme cambiamento e, come tutti i cambiamenti, ha un aspetto spaventoso per gli attori presenti in un determinato contesto ma, proprio per questo, serve essere soggetti attivi del cambiamento per poterlo dirigere, per quanto possibile, e non subirlo passivamente.

Perché in fin dei conti, secondo Darwin, non continua a prosperare il più forte ma chi si adatta meglio al cambiamento.

Giuseppe Villa, 
Consigliere UEA

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